martedì 15 febbraio 2011

A passo di tango

 di Chicca Gagliardo

È il ballo sensuale per eccellenza, quello dove l'uomo fa l'uomo e la donna fa la donna. Per questo può insegnare molte cose in fatto di erotismo. Come spiega un libro appena pubblicato
Un uomo maschio e una donna femmina. È quanto occorre per dare vita al tango.

E siccome gli uomini sono di sesso maschile e le donne di sesso femminile, ballarlo, a rigor di logica, dovrebbe essere semplicissimo.
Ascoltate allora questa storia.
È una sera di dicembre, a Parigi. Un signore che ancora non identificheremo arriva in una scuola di tango. Vuole carpire i segreti del ballo che è diventato sinonimo di sensualità. Il suono del bandoneòn riecheggia.
Lui già pregusta l'inizio dell'esibizione.
Appare il maestro, Chico Terto. La prima lezione per i neofiti ha inizio. E il primo e catastrofico pasticcio. Le allieve tirano per guidare, gli allievi riescono a fare solo fiacchi tentativi per tirare dall'altra parte.
Che fine hanno fatto i tanghéri di Buenos Aires con la loro postura sicura e dominante?
E dove sono le seguidoras, le donne che li vogliono e li sanno assecondare?
Il signore che si pone gli interrogativi è un noto psichiatra e psicoterapeuta.
È Fausto Manara.
Da questa sua esperienza, è nata una riflessione sugli attuali e ingarbugliati ruoli che rendono ancora più complicata la complessa società. La risposta alle domande è già nel titolo del suo libro: "La vita non è un tango" (Sperling & Kupfer).
L'autore lo dimostra, nota per nota, analizzando conflitti e tensioni, suggerendo rimedi. E nel sesso? Nel sesso le cose cambiano.
Perché le stesse donne che sul lavoro e in casa non rinunciano al proprio lato maschile e agli uomini chiedono di tirar fuori il loro lato femminile, nel territorio di Eros no.
Li vorrebbero uomini miracolosamente trasformati in maschi, e sentirsi donne trasformate in femmine.
Vorrebbero ballare un tango.
Balliamola, allora, questa danza dei sensi, seguendo il filo di Fausto Manara e del suo libro, passo dopo passo.
Che sia chiara però una cosa. Le figure che qui si rappresentano non sono uno schema fisso da seguire pedissequamente: sono spunti, di tattiche e filosofie.
Perché il tango non è un valzer.
A differenza degli altri balli, non c'è nulla di prestabilito.
Ciò che fa del tango un tango appassionato è la creatività.
Come nel sesso.
Salida, caminada, base cruzada: la definizione dei ruoli.
Nulla è ancora accaduto.
Ma c'è lui.
E c'è lei.
«Salida in spagnolo significa "uscita"», spiega Fausto Manara, «rende bene l'immagine di aprire una porta per entrare in una dimensione che è ancora da inventare». Una scena di attesa ben diversa da quella della camera da letto dei coniugi del nuovo romanzo di Nick Hornby "Come diventare buoni" (Guanda): il marito, ancora prima di cominciare, sa già esattamente quale bottone della moglie premerà e la moglie sa già esattamente quale bottone del marito premere.
Passo, bottone, passo, orgasmo, passo, sonno.
La salida invece è il momento del desiderio, dell'attesa, della suspense.
È anche il momento in cui i ruoli si definiscono.
Prima ancora che lui faccia una mossa, deve saper trasmettere il segnale testosteronico: che sarà in grado di fare da guida. «I conti prima che con lei deve farli con se stesso», dice Manara. Lo spettro? «L'ansia di prestazione. Il timore di non essere all'altezza, un'incertezza che rovinerebbe tutto». Ricorda forse qualcosa?
In questo faccia a faccia conta anche la vestizione.
Ma quello che gli amanti danzanti devono indossare non sono i pantaloni neri per lui o le scarpe con il tacco per lei: sono i corpi.
I corpi che noi abbiamo ridotto come quelli dei quadri di Magritte: appesi a una gruccia, con seni tondi, petti tonici, senza nessuno dentro. Corpi fatti per essere guardati, non sentiti sulla pelle.
Ma nel tango, come nel sesso, non conta l'immagine. «Le ballerine più ricercate dai tanghéri non sono quelle più belle, ma quelle più brave», avverte Manara. E per brave si intende ricettive, con i sensi che sanno lasciarsi andare alla passione.
Bene, la musica dà il via, inizia la caminada: l'uscita divisa in otto passi.
Lui avanza con il busto eretto, lei indietreggia per seguire i movimenti della guida. Sarebbe un errore credere che la donna sia un elemento passivo: «Quando ho chiesto al mio maestro Chico quale libertà abbia la ballerina nel tango, lui mi ha risposto: "Quella fondamentale di scegliere il partner". Il maschio guida la femmina che ha deciso di essere guidata da lui». Torniamo quindi al ballo: lui avanza, lei indietreggia. Tutto liscio. Ma il tango non è un liscio. Le carte si possono improvvisamente sparpagliare e le gambe, di lei, incrociarsi.
È la base cruzada.
Ora al piede destro di lei corrisponde il piede destro di lui.
Ora lei può trovare infinite vie di uscita dalla sua posizione. Ora il ruolo di guida del tanghéro è in bilico.
L'ocho adelante: la donna si prende la scena.
Lei ha formato un incrocio e lui si è trovato ad un incrocio: deve riuscire di nuovo a condurre la partner, farle disegnare la figura giusta, senza passi falsi.
Questa via può essere l'ocho adelante: «La donna, staccandosi dal partner che la sostiene indicandole il ritmo con ondeggiamenti lievi, si dispone a disegnare con le gambe e con il corpo dei movimenti consecutivi a forma di 8».
Il tanghéro la sostiene perché lei possa esprimersi, mettendo in mostra una delle parti che più fanno sentire una donna femmina: il bacino.
La scena è tutta sua.
Il potere della seduzione è tutto suo.
Ma non va dimenticato che è stato lui a portarla a questo punto.
Perché le ha lasciato lo spazio? «Perché un uomo non può provare piacere se la donna che conduce non prova piacere», dice Manara. E la frase è a doppia lettura: nel tango come nel sesso. Il piacere non consiste nel contare i passi o misurare le carezze, nello scandire i tempi precisi per l'inizio e la fine dei preliminari.
Il piacere è nel sentire che c'è quella che Meri Lao nel suo libro "T come tango" (Elleu multimedia) definisce "afinidad": "l'alleanza silenziosa".
La complicità. La consapevolezza che si sta ballando o facendo l'amore seguendo lo stesso obiettivo con ruoli diversi. «E perché questo sia possibile», spiega Manara, «bisogna liberarsi dal valore che abbiamo dato agli aggettivi attivo, per indicare la forza, e passivo, per indicare la debolezza. Parliamo invece di maschile e femminile. Parliamo di parti diverse che si completano». Benissimo. E adesso? Che succederà?
La sacada: l'uomo torna al centro.
Immaginate un momento di intimità: lei sta conducendo il gioco, lui si abbandona. Improvvisamente, però, interviene ribaltando ancora le parti.
Con una presa, un bacio, una qualunque mossa.
Nel tango è la sacada: «In spagnolo significa "togliere" e, nel caso specifico, il togliere presuppone l'inserire.
In questa figura il maschio mette il suo piede tra quelli della dama».
Lui invade lo spazio di lei. La blocca. Si è ripreso la guida con determinazione. «Può anche sembrare un momento di violenza da parte sua», commenta Manara. «Ma nel tango la violenza non esiste. Nel tango c'è potenza, mai prepotenza». La potenza è del tanghéro. La prepotenza è del tànghero: l'uomo che pensa che per essere maschio occorra mettere in evidenza i muscoli, fare la voce grossa e trascinare la donna, non condurla a seguirlo.
Un fraintendimento che farebbe precipitare a terra e scadere qualunque rapporto sessuale.
Parada, mordida, gancho: il corpo a corpo.
Il ballo si fa sempre più acceso: il tanghéro può stoppare il piede di lei e spostarglielo con una parada.
Può "morderla", prendendo con i suoi piedi quello di lei con la mordida. Si può procedere con un gancho: passare la gamba piegata a 90 gradi, come un uncino, fra le gambe dell'altro.
Nulla è stabilito e tutto può accadere. In qualunque momento.
Nel silenzio.
Perché l'unica a usare la voce è la musica. «Nel tango si parla con i corpi, con leggere pressioni delle mani, con il respiro, con l'attenzione al partner», dice Manara. «L'uomo non deve far nulla che la donna non voglia o non sappia fare, altrimenti si rompe l'intesa e il ballo si rovina». È quel linguaggio segreto e di epidermica intesa che se esistesse anche nel sesso risparmierebbe le infelici dichiarazioni: «Fai cosi, più su, più giù», «No, no, non cosi».
Corridita e suspensión: quando la musica finisce.
La tensione si allenta.
I corpi devono riprendere fiato. Il maschio potrà tornare a una caminada arricchita di qualche corridita, la camminata con piccole accelerazioni.
E magari si concederà una pausa, una suspensión, oscillando sul posto.
Potrebbe essere un'interruzione per raccogliere le energie e riprendere il ballo con le infinite variazioni che offre il tango.
Ma può essere anche la pausa conclusiva.
Quella che nel sesso si definisce "il fatidico dopo".
E qui torniamo nella scuola di tango di Parigi, con Fausto Manara e il maestro Chico Terto.
La lezione è finita. «Chico, indicandomi le coppie ferme sulla pista, mi ha fatto notare quanto fosse diversa la qualità della soddisfazione tra maschio e femmina», racconta l'autore. «Mi ha detto: "Vedi, ora lui nel ballo ha esaurito il desiderio, è appagato, quasi sazio. Lei, invece, proietta in avanti il piacere che ha provato. Il suo desiderio continua. Proprio come nel sesso"».

martedì 25 gennaio 2011

Ilusión azul

Ilusión azul
Vals
Música: Arquímedes Arci
Letra: Arquímedes Arci

Altiva y soberbia, cual diosa pagana,
pasaste a mi lado mostrando el rencor
y desde aquel día yo sé que he perdido,
la gloria inefable de un sueño de amor.
No extraño tus besos que fueron fingidos,
ni extraño tus labios de raro dulzor...
tan sólo me duele el fulgor de tus ojos,
que ayer me miraron con tierna pasión.
Ojos que fueron estrellas que guiaron mi alma,
que me roban calma si me niegan crueles
cuando ansioso busco su mirar de amor.
Ojos que fueron las redes donde prisionero,
te adoré sincero y me han hecho esclavo,
al poner en mi alma la azul ilusión.
Pero tu alma, desdeñosa y fría,
no sabía de amores para mi dolor.
Fueron tus ojos los que me mintieron
tan engañadores, como aquel fulgor.
Y ahora arrastro la cadena
del recuerdo triste
del pasado hermoso,
al vivir dichoso
en los dorados brazos
de aquella ilusión.

Pero tu alma, desdeñosa y fría,
no sabía de amores para mi dolor.
Fueron tus ojos los que me mintieron
tan engañadores, como aquel fulgor.
Y ahora arrastro la cadena
del recuerdo triste
del pasado hermoso,
al vivir dichoso
en los dorados brazos
de aquella ilusión.
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Altezzosa e arrogante, come dea pagana,
mi passasti accanto mostrando rancore
e da quel giorno so che ho perso,
la gloria ineffabile di un sogno d'amore.
Mi mancano i tuoi baci che erano finti,
Mi mancano le tue labbra di rara dolcezza ...
fa male solo il bagliore dei tuoi occhi,
che ieri mio guardavano con tenera passione.
Occhi che erano stelle che guidavano la mia anima
che mi rubano la calma, che si negano crudeli
quando cerco il tuo sguardo in cerca di amore.
Occhi che furono rete che mi imprigionarono
che sinceramente ti adoravano e mi hanno reso uno schiavo,
mettendo nella mia anima una azzurra illusione.

Ma la tua anima, sprezzante e fredda
Non sapeva amare il mio dolore.
Erano i tuoi occhi che mi hanno mentito
come ingannatori, come fulmini.
Ora trascino la catena
del triste ricordo
di un felice passato
di un vivere felice
nelle tue braccia dorate
di tale illusione.


giovedì 20 gennaio 2011